Francesco Pungitore
Francesco Pungitore

La Filosofia della libertà

Filosofia, antroposofia, etica, morale, libertà. Temi particolarmente cari a Giovanni Sgrò e al suo progetto culturale “Naturium” che, su tali complessi argomenti, ha promosso un interessante e partecipato confronto dialettico lo scorso 22 maggio 2016. Due gli ospiti dell'iniziativa, organizzata presso l'hotel Marconi di Rende (Cs): il giornalista, nonché saggista e filosofo, Francesco Pungitore, e lo scrittore, filosofo e antroposofo Marco Morrone. 

Al centro delle due relazioni, la figura di Rudolf Steiner, fondatore dell'Antroposofia. Nel suo intervento introduttivo dal titolo “Steiner, tra Nietzsche e Kant... senza dimenticare Parmenide”, Pungitore ha voluto proporre una “rivalutazione di Steiner in quanto filosofo pienamente e coerentemente inserito nel quadro della filosofia del suo tempo”. “Steiner non procede in modo isolato - ha argomentato Francesco Pungitore. - Al contrario, si confronta con i filosofi antichi e moderni, ne vaglia le istanze, fa riferimento alle loro critiche e ai loro fraintendimenti”. “Steiner - ha continuato Pungitore - non accetta, ad esempio, che sia scientificamente conoscibile solo il visibile, il mondo della materia, e che il resto debba essere oggetto di pure ipotesi sulla cosa in sé inconoscibile o relegata in un irraggiungibile trascendente. Egli riconosce allo spirito umano, attraverso il pensiero, delle facoltà di percezione dello spirituale non meno chiare e penetranti di ciò che la percezione dei sensi fa nel mondo visibile. E nello sviluppo di questa facoltà di pensiero egli ravvisa la libertà della persona umana. Il germe di questo spirito umano libero è dentro a ciascuno di noi”. Marco Morrone ha incentrato le proprie riflessioni sul tema della libertà e della fiducia in se stessi con una brillante e molto apprezzata relazione dal titolo “Dal trascendentalismo di Emerson e Thoreau alla filosofia della libertà di Rudolf Steiner”. “Esiste per l’uomo - si è chiesto Morrone - la possibilità della libertà? La riposta per nostra fortuna è affermativa; e questa ci conduce nel cuore del testo più importante scritto da Rudolf Steiner”. Per l'appunto “La filosofia della libertà”, lungamente spiegata da Morrone, con continui rimandi ai testi originali e ai concetti di “intuizione morale” e “individualismo etico”. “Ho scritto questa conferenza non per coloro che cercano agio e conforto, ma per chi vuole condurre un’esistenza ispirata a valori più alti” ha concluso Marco Morrone, chiudendo oltre due ore di piacevole discussione culturale. Un esperimento ben riuscito che “Naturium” ha già promosso con successo, in altre occasioni, e che riproporrà a Soverato, su argomenti simili, nel prossimo mese di giugno.

Steiner, tra Nietzsche e Kant

Di seguito la relazione di Francesco Pungitore presentata al seminario di Rende del 22 maggio 2016.

 

Si sente spesso dire che la figura di Rudolf Steiner sia di difficile comprensione. Per quale motivo? A mio avviso per i due, fondamentali, errori di prospettiva che accompagnano la lettura delle sue opere. Due modi sostanziali di radicalizzare un giudizio, o un pre-giudizio,  sul fondatore dell'Antroposofia.
Da una parte c'è la visione apologetica dei suoi discepoli, o presunti tali, tutta focalizzata su una esaltazione acritica del “Maestro”. Una posizione che, alla fine, lo mitizza rendendolo, a mio avviso, lontanissimo, distante dalla realtà, ponendolo quasi al di là del tempo e della storia.
Dall'altra c'è la feroce e molte volte ingiustificata demolizione dei suoi detrattori, incentrata su una severa critica delle sue frequentazioni teosofiche, con la poco accademica vicinanza ai circoli di Madame Blavatsky, e delle sue digressioni, altrettanto “scandalose”, sul terreno dell'esoterismo.
Due poli estremi senza mediazione, che annullano la possibilità di un serio inquadramento filosofico di Steiner e del suo pensiero.
Io credo che, innanzitutto, Rudolf Steiner debba essere inserito all'interno della “storia”: della sua storia personale e della storia più in generale. Credo che debba essere, prioritariamente, “umanizzato”, per poterne cogliere appieno il suo percorso esemplare, realizzativo. Ma d'altro canto va certamente rivalutato come filosofo, liberandolo dal ghetto in cui gran parte del mondo universitario lo ha relegato.
Un approccio sereno alla sua “Filosofia della Libertà” può essere un buon modo per iniziare questo nuovo cambio di prospettiva. Faccio mia, da qui in avanti, l'analisi di Pietro Archiati (Le nuove frontiere della libertà, Terra biodinamica editrice, Milano - 1988), iniziando col dire che la “Filosofia della libertà” è la pietra d'angolo su cui si fonda tutto l'edificio spirituale di Steiner. In quest'opera, siamo tutti invitati a scoprire e ad attivare dentro noi stessi ciò nell'uomo è più umano: il pensare.
Parliamo del pensare come facoltà spirituale, quella realtà sostanziale, autonoma e vivente che riconnette l'uomo alla sua originaria, intima, immanente, matrice divina e spirituale. Questo è un punto cruciale, perché è da qui che nasce la radice della vera libertà.
Occorre stabilire subito una visione chiara di ciò che qui intendiamo quando diciamo “uomo”. L'uomo è una entità complessa. L'uomo di cui stiamo parlando è tripartito, è una triplice unità: è corpo, è anima ed è spirito. Anzi, diciamo che proprio la componente spirituale è la sua parte essenziale, è l'immanenza di Dio in lui. Dunque, alla conoscenza dell'uomo fisico, dobbiamo necessariamente aggiungere quella dell'uomo spirituale, con le sue parti costitutive soprasensibili. 
Non è una notazione di poco conto. Ricordo, per inciso, che solo in tempi recenti l'uomo perde ufficialmente la sua connessione allo spirituale, nel momento in cui viene descritto come una dualità, composta da corpo e anima. Lo spirito viene espunto dall'individuo, diventa una alterità irraggiungibile. In tempi ancora più vicini a noi, la stessa anima, peraltro, viene ricondotta all'espressione di meri processi materiali. Il materialismo scientifico prende il sopravvento, nega l'esistenza del soprannaturale, del sovrasensibile, nega tutto ciò che sfugge alla conoscenza dei sensi. Dopo lo spirito, l'uomo perde anche l'anima.
E invece ecco che Steiner ci richiama al bisogno di una nuova scienza, che poi è antica se non addirittura eterna, capace di riportarci a considerare l'uomo nella sua totalità, verso una concezione globale dell'essere umano.
L'uomo è nel suo intimo “spirito”, scintilla divina, che, per la sua manifestazione nel mondo della materia, si riveste di “corpi” per poter operare
Il corpo fisico è la parte materiale, il corpo eterico o vitale lo compenetra rapportandosi con le facoltà più puramente animiche del corpo astrale e con le facoltà di organizzazione dell'io. 
L'io, ovvero lo spirito individuale, il nocciolo centrale dell'entità umana.
Queste componenti, olisticamente, formano un individuo umano.
E in quale quadro agisce questo individuo? Se parliamo in termini filosofici, vediamo emergere due piani di realtà: quello dell'essere fisico, ovvero il mondo sensibile, e quello che lo trascende (il mondo spirituale metafisico) vera causa del primo. E' propria del filosofo la capacità di cogliere in una visione unitaria questi due mondi, di vedere l'insieme, comprendendo che il mondo fisico-sensibile si colloca su un piano inferiore e non può esistere senza quello superiore. Ma non viceversa. Con ciò si entra nel cerchio di una concezione spirituale della realtà che costituisce l'architrave dell'indagine antroposofica sull'uomo e l'universo.
Fatta questa premessa torniamo a Steiner che sviluppa il suo ragionamento in un preciso momento storico. Siamo nella seconda metà del XIX secolo, un periodo dominato dal dogma kantiano della inconoscibilità della cosa in sé. Kant fonda una teoria della conoscenza basata sul fatto che la realtà è inconoscibile per l'uomo nella sua struttura più profonda: ciò che noi conosciamo non è la vera realtà ma solo le nostre rappresentazioni di essa. Scienza e filosofia, basandosi su questo presupposto, fissano allora dei limiti rigidi per la conoscenza umana: la ragione umana deve accontentarsi di registrare e descrivere i fenomeni del mondo visibile. Tutto il resto, e in particolare il mondo dello spirito, se mai esiste, appartiene alla fede, alla teologia, che rinvia ad un Dio trascendente che è sempre “oltre” l'uomo.
Ma perché invece - propone Steiner - non si ritiene l'uomo capace di attingere direttamente al divino, dentro di sé? Perché, traduciamo noi, non lo si riconosce nella sua dimensione tripartita: corpo, anima e spirito. 
Se l'uomo partecipa direttamente al divino, con la sua più intima scintilla spirituale, allora egli può trovare nell'intimo stesso del proprio essere le supreme conoscenze e le altrettanto supreme motivazioni del suo agire. 
Solo in questa ulteriore ipotesi si può parlare veramente di libertà.
L'uomo può e deve prendere consapevolezza della sua intrinseca natura spirituale, immortale e divina. Nell'infinito mondo entro cui si muove la vita universale, Dio è in ciascuno di noi. Noi siamo scintilla divina, mai isolati dalla nostra origine. E un legame d'amore unisce tutti gli esseri nella vita infinita. 
L'idea centrale della “Filosofia della Libertà” è proprio questa: non ci sono limiti essenziali posti alla conoscenza umana. Dunque, la persona umana è libera nella misura in cui partecipa, mediante l'esercizio del pensare, al vero mondo reale, che è quello dello spirito. Scrive Steiner: “L'uomo è, nel più intimo del suo essere, in comunione con un mondo spirituale, e se gli riesce di scrutare con profondità questo suo essere, egli scopre nel proprio intimo qualcosa cui la scienza oggi in voga non ha accesso”. 
Il divino vive in seno all'uomo ed è da questo nucleo essenziale della persona umana che sgorgano le intuizioni viventi e creatrici.
Steiner non accetta, in altre parole, che sia scientificamente conoscibile solo il visibile, il mondo della materia, e che il resto debba essere oggetto di pure ipotesi sulla cosa in sé inconoscibile o relegata in un irraggiungibile trascendente. Egli riconosce allo spirito umano, attraverso il pensiero, delle facoltà di percezione dello spirituale non meno chiare e penetranti di ciò che la percezione dei sensi fa nel mondo visibile. E nello sviluppo di questa facoltà di pensiero egli ravvisa la libertà della persona umana. 
Il germe di questo spirito umano libero è dentro a ciascuno di noi.
Il pensare pone l'uomo dinanzi all'essere nella sua pienezza. Nel pensare, l'io vive nella realtà universale. Qui operiamo un tuffo nel passato e ricordiamo Parmenide con il suo famoso frammento: “Lo stesso è pensare ed essere”. “Lo stesso è il pensare – afferma il filosofo di Elea – e ciò a causa del quale è il pensiero. Perché senza l'essere nel quale è espresso, non troverai il pensare. Infatti, nient'altro è o sarà all'infuori dell'essere”. 
Viene qui semplicemente affermato un principio di non contraddizione (l'essere è e non può non essere) o si dice ben altro? Non si dice, forse, che se il pensare e l'essere coincidono, allora non esiste nulla di inconoscibile al di là del pensiero? Tutto è conoscibile, l'essere nella sua interezza è pensabile.
Ma questa comprensione che proviene dal pensare fonda anche un'etica che rende l'uomo capace di intenti morali propri. Se l'uomo è in comunione con l'essenza ultima, gli ideali morali sgorgano dal suo spirito stesso, nell'esercizio della libertà. Nietzsche è stato importante, in questo senso, per avere svelato la persona umana nella sua vera autonomia e libertà, oltre le convenzioni fasulle create da uomini ciechi, sradicati dalla loro matrice spirituale. Nietzsche è stato il campione della libertà negativa: ha infranto ogni catena, ogni norma, ogni convenzione. Nietzsche è l'uomo a cui viene offerta per la prima volta la libertà ma che non ha ancora trovato se stesso. 
La libertà positiva dello spirito non l'ha mai trovata: il materialismo del suo tempo è divenuto per lui tragedia personale. Era un lottatore contro il suo tempo.
Dunque, andando oltre Kant, Steiner fonda una scienza e una filosofia che non vedono solo la materia ma anche lo spirito. Andando oltre Nietzsche egli vuole fondare una morale che non sia solo abolizione di norme esterne, ma cammino interiore di purificazione che si trasforma in norma interiore e in vera libertà. 
In tal senso, l'ordine morale non è più imposto dall'esterno ma diviene automanifestazione dell'uomo spirituale, qualora egli agisca davvero liberamente. 
Faccio mia l'elaborazione di Pietro Archiati nel dire che ogni uomo è chiamato ad essere libero: ne ha in sé la capacità, come ogni seme di rosa può diventare rosa. La persona non libera agisce secondo rappresentazioni già preformate prese da altri, stabilite dall'abitudine. Lo spirito libero agisce, invece, secondo intuizioni tratte dalla realtà vivente del pensare, che lo riconnette alla sua natura più intima, spirituale e divina. 
Natura spirituale che, poi, è ciò che lo accomuna veramente a tutti gli altri esseri umani.
E' così evidente, pertanto, il fatto che Steiner non procede in modo isolato. 
Al contrario, si confronta con i filosofi del suo tempo, ne vaglia le istanze, fa riferimento alle loro critiche e ai loro fraintendimenti,
Ricapitolando. L'uomo pensa - afferma Steiner - e proprio la presenza del pensare è la prima cosa che deve attirare la nostra attenzione. Il pensiero ci pone di fronte al mondo e ci rende consapevoli della nostra diversità rispetto ad esso. Diventiamo consci di noi stessi come distinti dalla natura ma, d'altro canto, sappiamo di non essere fuori dal mondo, ma di esserne parte. Ma quali possono mai essere i limiti della conoscenza umana se ciò a cui l'uomo mira non è fuori dal suo essere ma è parte di lui? L'uomo è un essere fondato su se stesso perché il fondamento ultimo del mondo è accessibile alla facoltà umana del pensare, in quanto esso non si pone fuori dal mondo. Alla scienza Steiner vuole indicare la realtà dello spirito. Alla religione ne vuole indicare la conoscibilità. “Queste due cose - scrive - la prima che c'è un regno spirituale, la seconda che l'uomo è inserito in questo regno dello spirito con l'io più intimo del proprio essere. Ecco i punti fondamentali”. Questo è l'atteggiamento spirituale di Steiner. E' da questo duplice intento che possiamo comprendere il significato filosofico e teologico della sua visione unitaria del mondo, ciò che egli chiama monismo.
Egli vuole dimostrare che l'uomo, nel pieno esercizio delle sue facoltà cognitive spirituali, vive dentro al reale, è in comunione con l'essere, partecipa al divenire del mondo. Nella realtà vivente del pensare noi siamo allo stesso tempo in Dio, nel più intimo di noi stessi, e nella realtà vera delle cose. Ogni limite, ogni separazione vengono aboliti dal pensare.
Non vado oltre nella mia introduzione, rinviando ai testi originali per ulteriori approfondimenti. La nostra opera, del resto, ha come finalità proprio quella di invogliare a una lettura diretta delle opere di Steiner. 
Lo stiamo facendo oggi e lo abbiamo fatto con il nostro progetto editoriale: i quaderni di antroposofia. 
Ne avete di fronte la prima edizione, dedicata ad una spiegazione generale dei temi legati alla visione steineriana del mondo, della costituzione umana, dell'evoluzione. 
L'intento è orientativo e divulgativo e si basa su una considerazione di fondo: Steiner non volle riservare le proprie considerazioni a una ristretta cerchia di esperti. La sua vita testimonia uno sforzo continuo di apertura verso le più svariate categorie sociali. Credo che questo suo sforzo sia l'esempio di ciò che può significare fare vera filosofia. Un pensiero che riguarda la vita, la nostra vita, il nostro essere nel mondo, non può chiudersi nel cerchio ristretto di un gruppo, di una comunità, di un'accademia. Il pensiero richiede condivisione, partecipazione. E' ciò che tendiamo a realizzare con la nostra opera.

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