Francesco Pungitore
Francesco Pungitore

Ecosofia, la saggezza della terra

“Noi siamo ciò che consumiamo. Siamo la terra e quindi ne condividiamo il destino. Dobbiamo quindi agire con la natura e non contro. E, ancora, è possibile morire a causa della denutrizione? Come possiamo ridurre la disparità tra le zone malnutrite e quelle sottonutrite?”. A questi ed altri interrogativi si è cercato di dare una risposta nel corso del Convegno “La sana alimentazione. Nutrire il Benessere, rispettare il Pianeta”, che si è svolto presso l'Università della Calabria il 16 ottobre 2015 durante la 70° Giornata Mondiale dell’alimentazione, promosso dal Centro Biomedico e Nutrizionale Health Center insieme alle Associazioni “Nutrizionisti senza Frontiere” e “Biologi senza Frontiere” e con il Patrocinio del Ministero della Salute. La sala stampa dell’Unical si è trasformata in un talk’nel corso del quale è stato sviscerato il problema degli sprechi alimentari del pianeta da ogni punto di vista – biologico, economico, politico e anche filosofico. Diversi opinion leader si sono confrontati: Corrado Rossi - esperto di Green Economy, Giovanni Misasi - Presidente dell’Associazione Biologi senza frontiere, Ennio Avolio - biologo nutrizionista presso l’Health Center di Cosenza, l’onorevole Giuseppe Graziano - Consigliere Regione della Calabria, Francesco Pungitore - filosofo, Armida Incorvaia, Maria Grazia Felice e Giovanna Basile, biologhe. Dal confronto è emerso che ridurre lo spreco di cibo equivale a supportare la sostenibilità, la biodiversità. E significa anche salvare il Pianeta: a tale scopo è necessario creare una rete di comunicazione tra i diversi protagonisti (legislatori, biologi, economisti) per favorire forme di agricoltura biologiche; incoraggiare gli agricoltori a preservare i sapori, garantire la trasparenza sull’origine, la qualità e la sicurezza degli alimenti; dare un impulso alle aziende per valorizzare la filiera corta e il km zero e che sperimentano circuiti di vendita diversi; ma soprattutto combattere lo spreco attraverso scelte di consumo più consapevoli. L’evento si incastona tra i tanti progetti targati Food for world, un’idea dell’associazione ‘Nutrizionisti senza frontiere’ che abbraccia venti città Italiane e cinquanta nutrizionisti con un unico messaggio: contrastare il problema dello spreco del cibo e della denutrizione infantile.

Di seguito la relazione del dott. Francesco Pungitore

 

L'iniziativa di oggi, a mio avviso, assume un alto profilo culturale e scientifico, per vari ordini di motivi.
Per la qualità degli interventi, ovviamente. Ma anche e soprattutto, consentitemi, per la concretezza dei temi trattati. In un tempo in cui, spesso, si concede fin troppo tempo alle astrazioni e altrettanto poco alle soluzioni reali dei problemi, tutto questo è già tanto.
Concretezza, dunque.
Proprio in tal senso bisogna intendere il contributo che intendiamo offrire, oggi, come progetto Naturium, in una data così importante come quella della Giornata Mondiale dell’Alimentazione.
Il richiamo alla concretezza è racchiuso nel tema stesso della relazione che ci è stata affidata: Ecosofia, la saggezza della Terra. 
Ecosofia è il termine con il quale Raimon Panikkar illustra e spiega “la saggezza di chi sa ascoltare la Terra e agire di conseguenza”. 
Filosofo e teologo, Raimon Panikkar è stato tra i principali studiosi del dialogo tra culture e religioni del XX secolo. 
L'analisi che emerge dai suoi scritti non è un banale modo più “radicale” di intendere l'ecologia, dunque. E' qualcosa di “radicalmente” diverso. E' un diverso modo di intendere la Terra: non più come habitat dell'umanità da utilizzare come mera fornitrice di materie prime. 
Come dimostra e rivela la drammatica crisi ecologica che stiamo vivendo, la Terra non può essere considerata solo come un mero oggetto a disposizione dell'uomo. 
Essa è un che di vivente, è il corpo esterno dell'uomo stesso, è il suo spazio vitale. 
Noi siamo la Terra, di essa condividiamo i destini, non ci limitiamo a viverci sopra a nostro uso e consumo. Noi viviamo immersi in essa e, da sapienti, dobbiamo riconoscere e fare nostra la saggezza che ci arriva dalla Terra stessa. 
Non è da pazzi  immaginare che la Terra possa parlare all’uomo… lo è di più ignorarne il richiamo, mentre ci spingiamo a passi serrati verso la catastrofe ambientale e climatica.
E il messaggio, il richiamo che, oggi, ci arriva dalla Terra è, più che altro, un invito molto concreto. 
Un invito a recuperare quella simbiosi che, da sempre, ha reso possibile la vita di noi tutti. 
In che modo? Agendo con la Natura e non contro di essa. Traducendo in azioni di fatto: sviluppando la biodiversità ambientale, rendendo vitale la terra e aumentandone la fertilità; rispettando i cicli naturali e conducendo allevamenti biologici, assicurando agli animali condizioni di vita sane; creando sistemi sostenibili per la produzione agricola che rispettino l’ecosistema terrestre e invitando a considerare come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso. 
Ecco, dunque, una azione concreta che possiamo promuovere fin da subito: lavorare su un diverso paradigma produttivo.
Oggi viviamo in un’epoca di “terricidio” afferma Panikkar negli anni ‘80, stigmatizzando il nostro modo di trattare la terra che ci sostiene, fino a pagarne le conseguenze più terribili, in termini ad esempio di aumento del numero di cataclismi e di avvelenamento dell’acqua e del suolo. 
Ma non per questo è necessario abbandonarsi alla sindrome depressiva della mancanza di alternative: esistono soluzioni e possibilità per venirne fuori, e quella che noi prospettiamo oggi è l’Ecosofia. 
Qui sorge una seconda domanda: ma cosa possiamo fare noi, come singoli individui? Noi che non siamo produttori, che non siamo politici e, quindi, non possiamo agire sugli strumenti del cambiamento produttivo globale che abbiamo appena accennato.
Ebbene, come singoli possiamo fare tantissimo. Qui, ribadisco ancora, non parliamo di teorie, ma di soluzioni. 
E una soluzione nelle nostre mani è chiarissima. Mi riferisco alla scelta quotidiana che operiamo quando decidiamo di portare sulla nostra tavola un prodotto piuttosto di un altro. 
Questa decisione è decisamente più potente di quello che possiamo fare in ogni altro campo. 
E' questa una via concreta da seguire: modificare le nostre abitudini alimentari, diventare consumatori consapevoli, per cambiare l'impatto ambientale e sociale globale. 
A tale proposito è stato pubblicato nell'aprile del 2008, su una rivista scientifica americana, la “Environmental Science and Technology”, un articolo di due ricercatori della Carnegie Mellon University dal titolo “Chilometri-cibo e relativo impatto sul clima delle scelte alimentari negli Stati Uniti”. 
Ebbene, gli scienziati in questione spiegano che l'impatto dei singoli individui sull'ambiente e sul clima è dovuto essenzialmente a tre fattori principali: il cibo, l'energia usata in casa e i trasporti. Di questi tre fattori, quello del “cibo” è il più “potente”.
E' quello che in termini quantitativi ha il maggior impatto. 
Ha, inoltre, il maggior livello di scelta personale, perché sulla decisione del che cosa mangiare noi abbiamo pieno potere. E' quindi una scelta di valore, alla quale noi attribuiamo i connotati etici che riteniamo più giusti. Infine, si può applicare già subito, non è a medio o lungo termine come possono esserlo altri aspetti che implicano cambiamenti nelle infrastrutture, nei beni disponibili, nella tecnologia usata. 
Capite bene, a questo punto, cosa intendevo dire parlando di concretezza. La visione ecosofica parte da qui, parte da noi, parte subito, da ogni singolo individuo.
Credo sia importante e giusto ricordare, a questo punto, che proprio dalle aule di questa università è partito, qualche anno fa, un messaggio in piena sintonia con con gli argomenti che stiamo dibattendo quest'oggi. Mi riferisco, in particolare, al filosofo Mario Alcaro, che qui ha insegnato e che da qui ha lanciato quel notevole laboratorio di idee che fu il cosiddetto “pensiero meridiano”. 
Anche Alcaro, insieme al prof. Piero Bevilacqua e a tanti altri, lanciava lo stesso allarme: la natura appare in una condizione di rischio. Si interrogavano, quei pensatori, sui limiti del nostro sistema di sviluppo, sul conflitto in atto contro le forme dell'esistenza biologica, contro i mondi vitali, contro le biodiversità. E trovavano nella tradizione culturale del nostro Mezzogiorno, nella sua antica filosofia naturalistica, le contromisure necessarie per bilanciare il disagio e il profondo smarrimento del nostro tempo. Io credo che quei filosofi dell'Unical possano a giusta ragione essere ricondotto nell'alveo della Ecosofia ed essere altresì considerati degli illuminati precursori del nostro tempo.
Le loro analisi oggi ci aiutano a comprendere di più e meglio quali siano gli strumenti più idonei per agire oggi: in termini di pensiero e di consapevolezza.
E' a loro che si ispira, ad esempio, il progetto culturale di cui sono portavoce, il progetto Naturium, promosso in Calabria dall'amico Giovanni Sgrò, che è qui in sala e che saluto, proprio come contributo di idee formulato da persone preoccupate per gli impatti ambientali e sociali negativi che sta subendo l'intero pianeta. 
L'annullamento delle biodiversità, la cancellazione delle specie viventi,  la diffusione di pratiche alimentari sbagliate che diventano causa delle cosiddette malattie del benessere, la drammatica distruzione dell'habitat naturale, l'oblio delle identità culturali locali: sono fatti reali ed evidenti che impongono dei cambiamenti fondamentali immediati, nei valori e nelle azioni, da parte di ciascuno di noi. 
Il modello di sviluppo moderno che ha considerato, negli ultimi secoli, la Terra come semplice materia grezza da consumare all'infinito, si sta rivelando pericoloso e fallimentare. 
Però adesso noi adesso sappiamo cosa fare. Sappiamo che esistono vie alternative di sviluppo, vie come quella che ha per obiettivo la costruzione di una società ecologicamente saggia, armoniosa e che considera il vero benessere, individuale e collettivo, fortemente legato al concetto di sostenibilità. 
Non a caso questo della sostenibilità è stato il grande slogan di Expo 2015 che ha coinvolto il mondo intero.  
L'auspicio conclusivo che mi sento di fare, chiudendo questa mia relazione, è molte semplice.
L'augurio è che, una volta chiusa questa importante esperienza di Expo, si continui a lavorare ogni giorno con la stessa determinazione, tutti insieme, nella promozione e realizzazione di pratiche di economia solidale finalizzate a uno sviluppo sostenibile.
Questa è la sola grande sfida che attende le future generazioni. Ed è una sfida concreta, come spero si sia capito, tutta nelle nostre mani.

[Rende 16.10.2015]

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